
Lo riconoscete?
Ebbene si, quello che vedete raffigurato qui sopra è Aristeo, ovvero, il Minotauro ( da “Minos” che in Cretese significa Re e da “Tauro” che significa toro ). Ormai non è un segreto la mia passione per la storia e per la mitologia greca. Ad ogni modo, con questo articolo, vorrei davvero andare ancora di più in profondità rispetto alla solita leggenda narrata. Teseo ed Arianna saranno i protagonisti di questo viaggio tra le righe.
Teseo, figlio di Egeo ed Etra, visse in un piccolo paesino chiamato Trezene, in Grecia, poiché suo padre, Re di Atene, per la paura che venisse avvelenato dai cugini lo trasferì in campagna. In pratica, affermò che fino a quando il giovane Teseo non fosse riuscito a sollevare la grande roccia sotto la quale egli stesso aveva riposto la sua spada, sarebbe dovuto rimanere lì; solo dopo avrebbe potuto far ritorno ad Atene e divenirne il futuro Re. Teseo dunque divenne grande, e con la sua forza riuscì ad impadronirsi della spada. Prese il cammino verso casa ma, l’impresa non fu delle più semplici. Incontrò diversi briganti lungo il suo viaggio, ne cito tre per la loro “particolare fantasia”. Sini o Perigune, il quale tendeva agguati lungo una strada che collegava Trezene ad Atene, ovvero, aveva l’abitudine di legare i viandanti alle cime di due pini, ancorate a terra dalle corde che, una volta tagliate, lasciavano che gli alberi si rialzassero ciascuno tirandoli così su un fianco, straziando il corpo del malcapitato. Poi troviamo Procuste o Damaste, che s’appostava sul monte Coridallo, lungo la via sacra tra Eleausi ed Atene, ed aggrediva i viandanti straziandoli se troppo corti, battendoli con un martello su un’incudine, o amputandoli se troppo lunghi. Era leggermente pieno di sé, nessuno doveva essere né più piccolo né più grande della dimensione del suo letto. Tipo strano eh?. Non era da meno Scirone, il quale viveva lungo una strada posta su di una scogliera della costa Saronica, chiamata “Rocce Scirone”, ed in quel passaggio aggrediva i malcapitati costringendoli a lavargli i piedi, e così, quando chinavano il capo, li buttava in mare con un calcio facendoli successivamente divorare da una tartaruga marina. Ma, torniamo a Teseo, li sconfisse tutti sottoponendoli alle loro stesse torture ( chi di spada ferisce, di spada perisce, insomma). Arrivò ad Atene ed i nemici non mancarono neanche qui. Medea, ex donna di Giasone, come vide Teseo arrivare lo invitò per un vero banchetto, ad insaputa del padre Egeo, per fargli bere una coppa di veleno, ma fu lo stesso Egeo a salvarlo quando vide il giovane tagliare la carne posata al tavolo con la sua spada, quella famosa spada, riconoscendolo come figlio, gettando immediatamente a terra la coppa della morte ed abbracciandolo.
Ora arriviamo al punto iniziale di questa storia, facendo una breve premessa. Su Atene in quegli anni aggravava un pericolo, ogni nove anni la città doveva dare un tributo al Re Minosse ( Re di Creta ) sette ragazzi e sette fanciulle vergini. Perché?
Minosse a quel tempo non era ben visto dalla popolazione cretese in quanto il suo vero padre non era il re precedente, Asterione, bensì Zeus. Il re, in preda a disperazione, pregò Poseidone, dio del mare, di inviargli un toro come simbolo dell’apprezzamento degli dei verso di lui in qualità di sovrano, promettendo di sacrificarlo in suo onore. Poseidone gli donò un possente toro bianco di valore inestimabile. Vista la sua bellezza, però, il re decise di tenerlo per le sue mandrie e ne sacrificò un altro. Poseidone ne venne a conoscenza e, per punirlo, fece innamorare perdutamente Pasifae, moglie di Minosse, dello stesso toro bianco. E qui avvenne il “fatto”.
Pasifae ardeva dal desiderio di essere posseduta dal toro, a tal punto che si fece costruire, da Dedalo, una statua in legno a forma di vacca, ricoperta di pelo, e ci si mise all’interno sperando in una calda unione.

Fu così che, dall’incontro dei due, nacque una creatura metà uomo e metà toro [ Creautra dal corpo umanoide e bipede, zoccoli e pelliccia bovina, coda e testa toro ] e, come possiamo immaginare, Minosse ideò subito una soluzione per tener nascosta questa grande vergogna.

Egli fece costruire da Dedalo un vero e proprio labirinto, un archetipo, un edificio sotterraneo composto da cunicoli segreti e meandri contorti, dal quale una volta entrati non si poteva più uscirne. Lo stesso Dedalo assieme a suo figlio Icaro, una volta costruito il labirinto, non trovando la via di uscita, pensò di costruirsi delle ali di cera per spiccare il volo ed andarsene finalmente fuori. 📌( Peccato che il figlio volò talmente in alto da raggiungere il calore del sole che le sue ali si squagliarono e precipitò a terra sfracellandosi ) .

Minosse doveva pur “mantenere” questa strana creatura, chiamata Aristeo, dunque, per sfamarlo, ordinò che ogni anno dovevano esser offerti da Atene sette ragazzi e sette fanciulle, come detto prima dell’inizio di questa lunghissima ma doverosa premessa, non me ne vogliate.
Teseo, dunque, una volta venuto alla conoscenza di questo sopruso, decise di partire con i ragazzi sacrificati in offerta al re di Creta, promettendo al padre l’uccisione della creatura ed un rientro in nave con vele bianche a simboleggiarla. Una volta giunto lì però, entra in ballo Arianna, la figlia di Minosse, la quale, vedendolo, se ne innamorò a prima vista. Cosa fece Arianna per salvare il suo amato dalle grinfie della bestia e dai cunicoli segreti del labirinto? Semplice, diede a Teseo un gomitolo di lana da svolgere una volta entrato e da riavvolgere successivamente al momento della sua uscita. Così da conquistarsi l’amore che tanto sognava.

Teseo, da grande eroe fece proprio così, e grazie all’astuzia di Arianna sconfisse la bestia e uscì dal labirinto sano e salvo.

Arianna in balia del suo amore accettò di trasferirsi all’Isola di Nasso ( detta anche Dia ) con lui. C’è un però, Teseo era un amante del genere femminile e di “accasarsi” non è che ne avesse avuto una gran voglia, in più Arianna non le piaceva così tanto. La poveretta venne sedotta ed abbandonata, eh si, avete letto bene, abbandonata. Quando venne sera, Teseo si assicurò che Arianna dormisse profondamente e, con la scusa di andare a prendere delle provviste, prese la sua nave e salpò al largo senza di lei, lasciandola lì, sola con la sua immensa illusione e delusione. Quando s’accorse dell’accaduto oramai Teseo era troppo lontano, inutili furono i suoi pianti. ❗Pianse talmente tanto che Dionisio, per confortarla le donò una corona d’oro, che venne poi mutata dal dio in una costellazione splendente alla sua morte: è la moderna costellazione della Corona Boreale.


In tutto questo però ad Atene c’era preoccupazione, tutti attendevano il rientro di Teseo, il quale in preda ai suoi pensieri “amorosi” dimenticò, assieme al nocchiero, di issare le vele bianche della sua nave. Ricordate che le vele bianche avrebbero dovuto testimoniare la vittoria ed il ritorno dal padre sano e salvo? Sbadato di un Teseo!. Il padre Egeo, allora, vedendo arrivare la nave con le vele nere, credendo il figlio morto, si uccise lanciandosi dal promontorio di Capo Suino,🏖 ~ curiosità ~nel mare che da allora porta il suo nome.

Dopo questo episodio, Teseo, ebbe diverse avventure amorose, ricordiamo ad esempio Fedra o Elena, la stessa Elena che fece scoppiare la guerra di troia. Al contempo prese in mano Atene Menesteo così Teseo dovette chiedere ospitalità al re di re di Sciro, Licomede, che lo gettò con la scusa di fargli vedere tutti i suoi possedimenti dalla scogliera più alta della sua isola, accordatosi con Menesteo. Morì così, Teseo.
Ora, dopo esser venuti a conoscenza di questa storia, vorrei soffermarmi sul suo significato profondo. Abbiamo letto di una bestia, di un labirinto, di un amore, di sconfitte e di vittorie. Ma, come si può portare tutto questo ai giorni d’oggi?. La figura del minotauro, ad esempio, altro non è che la rappresentazione della nostre psiche, composta da razionalità ed istinto primitivo, a volte una delle due prevale sull’altra.

Ogni giorno viviamo questa costante ricerca del nostro io, combattendo spesso guerre interne senza pari. Una ricerca di noi stessi che è una vera e propria attrazione atavica. Prendiamo atto del fatto che non è affatto facile guardarci in faccia, senza veli. Noi lo abbiamo dentro, il labirinto, che è in realtà il personaggio principale di questo racconto. Esso rappresenta lo sforzo che continuamente compiamo per gestire le nostre risorse, le nostre angosce, le nostre paure, ma rappresenta anche la capacità che abbiamo di ritrovarci, riconoscerci, crescere e trasformarci.

[ Il labirinto è un luogo terapeutico, protetto, che ci permette di affrontare serenamente il nostro rito di passaggio. All’interno di esso sappiamo già cosa ci aspetta, sappiamo già chi possa aiutarci ad affrontarlo e siamo certi di come muteremo una volta compiuto questo gesto. ] La necessità di far morire il vecchio io, sconfiggendo la parte nostra più primitiva ed intima per rinascere in una nuova luce. La morte e la resurrezione.
Ed il vostro punto di vista qual’è?
@elygioia #pensieriscrittielygioia
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